L’evoluzione dell’intelligenza artificiale ha conosciuto negli ultimi anni un'accelerazione senza precedenti. Dai primi sistemi basati sul riconoscimento vocale ai più avanzati Large Language Models (LLM) progettati per comprendere e generare linguaggio naturale, ci troviamo ora all’alba di una nuova rivoluzione: quella dei Large Action Models (LAM).
Oltre a segnare un cruciale salto tecnologico, questa transizione va considerata anche un vero cambiamento di paradigma nel modo in cui interagiamo con la tecnologia, soprattutto nel contesto della domotica e dell’Internet of Things (IoT).
Per comprendere il formidabile potenziale dei LAM, facciamo però prima di tutto un passo indietro e ripartiamo dalle definizioni.
LLM: dall’intelligenza linguistica alla generazione del linguaggio
I Large Language Models sono modelli di AI progettati per comprendere e generare testo in linguaggio naturale. In pratica, possono scrivere testi, rispondere a domande, tradurre lingue, riassumere contenuti e molto altro ancora. Nonostante la loro complessità, restano però confinati all’ambito linguistico: ciò significa che parlano, ma non agiscono.
Sono strumenti di interazione, ideali per fornire risposte o assistenza, ma privi di un collegamento diretto con l’ambiente fisico.
LAM: la nuova generazione dell’automazione intelligente
I Large Action Models possono essere considerati la naturale evoluzione degli LLM: si tratta infatti di sistemi che combinano la comprensione linguistica dei modelli tradizionali con la capacità di eseguire azioni e orchestrare strumenti esterni o task automatizzati.
In sintesi, i LAM segnano il passaggio dalla comprensione ed elaborazione all’azione, aprendo nuovi e interessanti scenari per l’interazione uomo-macchina.
Large Action Models: cosa cambia nella smart home e nella domotica?
Oggi, le abitazioni intelligenti (le cosiddette “smart home”) si basano principalmente su automazioni statiche: l’utente imposta regole tramite app, fondate su orari, condizioni ambientali, routine o input da parte di sensori.
Con l’introduzione dei LAM, l’automazione domestica ha l’opportunità di evolvere in una forma dinamica e adattiva. Tali sistemi sarebbero infatti capaci di apprendere i comportamenti e le preferenze degli utenti, distinguere tra comandi espliciti e bisogni impliciti, e adattarsi in tempo reale a variazioni ambientali, comportamentali o persino emotive.
Immaginiamo, ad esempio, una smart home in grado di regolare la temperatura non soltanto in risposta a un comando vocale, ma anche analizzando il numero di persone presenti in casa, il loro livello di attività fisica e il momento della giornata. Il risultato sarebbe un comfort ottimale, personalizzato in base al contesto, accompagnato da un uso più efficiente dell’energia e da un’interazione uomo-tecnologia più fluida e naturale.
I limiti attuali dei LAM: over-automation e gestione di preferenze multiple
Nonostante il loro potenziale rivoluzionario, i Large Action Models (LAM) si trovano almeno per il momento a fronteggiare una serie di sfide tecniche, progettuali e culturali che ne limitano l’adozione su larga scala.
Uno dei rischi principali è rappresentato dall’eccessiva autonomia del sistema, spesso definita over-automation: quando un LAM prende decisioni in completa autonomia, senza un adeguato bilanciamento tra automazione e controllo umano, può incorrere in errori di interpretazione delle intenzioni dell’utente. Pensiamo, ad esempio, a un sistema che spegne automaticamente la luce in una stanza perché rileva inattività, ignorando il fatto che qualcuno sta semplicemente leggendo in silenzio e senza muoversi. In questi casi, l’intervento del sistema risulta non solo indesiderato, ma potenzialmente fastidioso, mettendo in discussione la fiducia dell’utente nella tecnologia.
Un’altra barriera importante è la gestione delle preferenze multiple o conflittuali, una situazione comune nelle abitazioni condivise da più persone e il cui scenario è piuttosto facile da immaginare. Ogni individuo può avere esigenze diverse: c’è chi preferisce una temperatura ambientale più alta, chi ama la luce soffusa e chi ascolta musica in sottofondo per rilassarsi. L’elaborazione e la mediazione di queste preferenze, spesso non esplicitate, richiede un livello di intelligenza contestuale e negoziazione automaticaancora difficile da raggiungere.
A ciò si aggiungono considerazioni legate alla privacy, al consenso e alla trasparenza delle decisioni automatizzate, che sollevano interrogativi etici e normativi tuttora in discussione.
In sintesi, i LAM si trovano oggi in una fase di frontiera, in cui le promesse della tecnologia devono confrontarsi con i vincoli dell’esperienza utente, della progettazione inclusiva e dell’interazione sociale. La sfida non è solo farli funzionare, ma farli funzionare bene, per tutti.
Large Action Models: verso un nuovo ecosistema intelligente
Sebbene i Large Action Models non siano ancora una tecnologia pienamente matura, rappresentano comunque un’area in rapida evoluzione, in cui convergono diversi ambiti dell’intelligenza artificiale. Il loro sviluppo si nutre dell’integrazione tra modelli linguistici avanzati capaci di interpretare il linguaggio umano con sempre maggiore precisione, tecnologie di percezione multimodale in grado di combinare input visivi, sonori e contestuali, e sensoristica intelligente che consente di raccogliere informazioni in tempo reale sull’ambiente circostante. A tutto questo va sommato il contributo degli agenti autonomi, progettati per prendere decisioni e agire senza intervento umano diretto.
Parallelamente, stanno emergendo inoltre una serie di tecnologie abilitanti che preparano il terreno per l’adozione diffusa di automazioni sempre più sofisticate e consapevoli del contesto. Tra queste troviamo standard interoperabili, come Matter, concepiti per far dialogare dispositivi di brand diversi in modo semplice e sicuro. Le tecnologie di localizzazione come Ultra-Wideband (UWB) permettono invece di tracciare con precisione la posizione di oggetti e persone all’interno degli spazi, rendendo le automazioni ancora più reattive e personalizzate. Infine, la crescente diffusione dell’AI on-edge – ovvero l’intelligenza artificiale elaborata direttamente nei dispositivi locali, senza passare per il cloud – garantisce tempi di risposta ancora più rapidi, maggiore protezione della privacy e autonomia operativa anche in assenza di connessione.
In conclusione, il passaggio dai Large Language Models ai Large Action Models marca un’evoluzione naturale dell’intelligenza artificiale verso una forma di interazione più intuitiva, proattiva e contestuale.
Nel prossimo futuro, le abitazioni intelligenti non si limiteranno a comprendere i comandi vocali, ma saranno anche in grado di interpretare, decidere e agire in tempo reale, adattandosi ai nostri bisogni con un livello di personalizzazione ed efficienza mai visto prima.
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